Arriva il Natale delle novità relazionali e gastronomiche

La foto è uno scatto del fotografo Alberto Casciano. Racchiude la sollecitazione artistica della necessità di modificare l’approccio abitudinario per attivare scelte autentiche.

Natale e Capodanno 2020: la prossimità è nella testa.

Il Natale 2020 è Il nuovo Natale, quello dove è ammessa la prossimità geografica e solo ed esclusivamente quella familiare più stretta. È in arrivo il Natale della privazione delle abitudini relazionali e conviviali. Niente tavolate allargate con i parenti, niente aperitivi con gli amici, niente incontri rituali dopo tanto tempo, nessuna tombolata, niente rientro nella propria terra di origine, niente Natale sulla neve e vin brûlé tra calde pareti di legno, niente cine-panettoni, nessuna serata a teatro, nessun tè con l’anziana zia che vive nel paese accanto. Tutto ciò che è vicino, che è prossimo, sarà invece ammesso dalla legge e dalla coscienza civile. Fa fatica ad entrare “in testa”, nonostante sia chiaro per l’Italia e per quasi tutti i paesi del mondo.

Il Natale e il Capodanno 2020 avranno un impatto epocale sulle relazioni e sulla convivialità.

Io che ho studi sociologici e che mi occupo di comunicazione, con particolare passione per la valorizzazione delle storie di produttori di eccellenze gastronomiche, durante quest’anno ho avuto modo di osservare da vicino certe dinamiche, e di sviluppare una serie di riflessioni da intrecciare con elementi misurabili e concreti.

Tralasciando le conseguenze psicologiche dello scenario pandemico, vado a presentare dunque una breve riflessione su come questo Natale di privazione può diventare una occasione di sano stravolgimento degli schemi personali e di approccio alla ritualità, alla convivialità, alla solidarietà economica.

La pandemia non è roba nuova per l’umanità
Proprio in questo periodo sto leggendo Laura Spinney – 1918 l’influenza spagnola. La pandemia che cambiò il mondo: esattamente un secolo fa ci fu la pandemia che conosciamo poco e che avrebbe potuto insegnarci molto, che non viene indicata nei libri di storia perché oscurata dalle guerre, che causò tra i 50 e 100 milioni di morti in tutto il mondo (in Italia e in Europa meno che altrove).

L’influenza spagnola imperversò tra il 1918 e il 1920 mutando l’assetto sociosanitario internazionale.

Noi uomini e donne del 2020 pensavamo, nella nostra nicchia di comfort di scienza e tecnologia, di essere immuni agli effetti di una malattia collettiva. Abbiamo “scoperto” invece che una pandemia fosse scientificamente possibile anche ai giorni nostri, e che ogni paese del mondo dovesse prevedere un piano pandemico più o meno adattato alle caratteristiche del paese stesso; nonostante ciò, l’organizzazione sociale ed economica internazionale è stata completamente travolta dalle conseguenze di una potenza virulenta.

Per salvare le vite umane è stato necessario congelare il mondo intero, depositare gli aerei e le navi interrompendo gli scambi fisici degli umani tra i paesi, arrestare molte attività, soprattutto quelle delle grandi aggregazioni non controllabili: flussi turistici, attività concertistiche e culturali, eventi ricreativi di vario tipo. Mangiare al ristorante con gli amici e fare un viaggio sono diventate nel 2020 attività rischiose e quindi sconsigliate e spesso vietate dalle normative atte a tutelare il bene supremo della salute collettiva.

Il virus ha infettato la tenuta economica del comparto alimentare: leggiamo qualche dato insieme!
Tutto ciò ha avuto un effetto altalenante e comunque deleterio – per quanto abbia retto il commercio estero del made in Italy – sul settore gastronomico italiano. L’impatto economico in Italia – che si regge per lo più sull’indotto turistico, enogastronomico, culturale, ricreativo – è stato ovviamente violento, e a pandemia tuttora in corso, non è possibile fare una stima effettiva delle perdite, per certo ingenti. Il settore alimentare che di riflesso ha ricevuto il contraccolpo della penalizzazione dei settori sopra indicati, ha retto piuttosto bene soprattutto nella prima fase della pandemia, tramite i consumi della Grande Distribuzione Organizzata (GDO) in particolare. Cito indagine retail di Nielsen: “Il largo consumo italiano ha registrato nel 2020 una crescita di 3 volte superiore rispetto al 2019, con un aumento delle vendite a valore del +4,3% (+4,0 miliardi di euro di fatturato)” Ovviamente questa percentuale contiene anche settori merceologici diversi dal cibo: è vero altresì che la vendita di certi beni di prima necessità è cresciuta in maniera netta: parliamo di beni adatti alla preparazione del cibo a casa: farina, lievito, uova, carne, verdura, frutta (Fonte Coldiretti).

Il comparto della ristorazione, attivo solo con le consegne a domicilio nel primo lockdown (consegne vietate solo in Campania) ha risentito successivamente in maniera netta della mancanza dei piccoli e grandi eventi aggregativi e del flusso turistico con ricadute a cascata sul relativo indotto della fornitura alimentare, anche quella di prima necessità. La seconda ondata pandemica ha causato per il settore alimentare un’altalena sugli acquisti alimentari nella GDO, il quasi fermo macchine per i beni alimentari di fascia più alta e il procedere a singhiozzo della ristorazione tra chiusure, coprifuoco e il solo asporto e consegne.

E quindi? A Natale 2020 andrà tutto solo peggio per tutti?
Il Natale 2020 è il nuovo Natale, come scrivevo all’inizio. Si compra meno perché ci riducono le persone a tavola, si regala meno perché si possono incontrare solo le persone prossime, difficilmente si potrà mangiare al ristorante (al momento in cui scrivo c’è ancora incertezza governativa sul tema). Coldiretti ha stimato con questa drammatica coda di fine 2020 per i consumi alimentari italiani una perdita complessiva senza precedenti di 41 miliardi di euro sull’anno.

Supportare il comparto alimentare “prossimo” in realtà è possibile e necessario. E si può fare contribuendo a migliorare anche lo spirito di una festa diversa e più intima. Non è retorico pensare di recuperare le tradizioni uscendo dal meccanismo ingannevole dell’abitudine e del conformismo: non solo acquistando materie prime di qualità per preparare i dolci e le pietanze a casa coinvolgendo tutta la famiglia oppure chi è più prossimo, ma scegliendo e acquistando con creatività.

Per Natale, Capodanno ed Epifania si può assaggiare o regalare pezzo di mare, o di terra, o di natura.
Le poesie di certe produzioni artigianali e tipiche, della gastronomia che ricerca connubi evocativi, della manualità e della sapienza che esprimono, ripagano di ogni privazione e ci fa sentire più prossimi. Riusciremo così ad essere prossimi ai nostri agricoltori, agli allevatori, ai piccoli produttori di eccellenze, ai laboratori artigianali che producono eccellenze di ogni tipo.

Come si fa? Si può acquistare direttamente dalla bottega o dal produttore vicino casa oppure direttamente dal suo e-commerce che magari si è affrettato ad implementare dopo la prima ondata pandemica della primavera 2020. E se non offre ancora strumenti specifici per l’acquisto online, possiamo stare certi che qualsiasi produttore avrà predisposto la vetrina sui social per incentivare la vendita e la consegna a domicilio gratuita nella prossimità…appunto!

Questo Natale il regalo lo si fa recapitare magari direttamente a casa del destinatario, perché non sarà possibile incontrarlo. Un momento “rivoluzionario”, con modalità un po’ dure da accettare, ma da vivere con curiosità e capacità di godersi ciò che si ha.

Un Natale da “salvare” con la creatività, la proattività e l’originalità anche nei nuovi consumi, a beneficio di noi stessi e degli operatori del comparto alimentare di prossimità che sta resistendo dalla crisi economica nazionale e internazionale con tenacia, ma che risentirà ulteriormente della risacca della crisi che riserverà il 2021.

Nella foto di Alberto Casciano ci sono io e un panettone artigianale: insieme abbiamo voluto giocare sulla necessità di cambiare gli schemi richiamando alla ricerca di cose buone e belle.

Possiamo ancora salvare tutti la testa: auguri per un Natale e un Capodanno di prossimità!

A cura di Loredana Parisi* © Riproduzione riservata
*Sociologa esperta in comunicazione e pubbliche relazioni Fondatrice del progetto PiantaGrani

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