2,1 miliardi di euro per la rete di produttori biologici

Cia-Agricoltori Italiani, attraverso il suo ramo dedicato all’agricoltura biologica Anabio, ha organizzato un incontro-dibattito a Roma, all’Auditorium “Giuseppe Avolio”, insieme a Mipaaf, Ismea, Federbio e Aiab. L’obiettivo è costruire una rete territoriale, diffusa ed efficiente, al servizio delle aziende agricole per valorizzare, sostenere e rafforzare il biologico in Italia. Il punto di svolta, per la creazione di una rete solida ed efficiente di produttori biologici, per la transizione verde è la legge nazionale sull’agricoltura biologica e soprattutto cospicue risorse in arrivo, dai 2,1 miliardi di euro destinati al bio nella programmazione 2023-2027 della Pac ai 300 milioni per i contratti di filiera e distrettuali nel Fondo complementare al PNRR. 

“È chiaro che questo è il momento giusto per spingere su uno sviluppo integrato del biologico, che deve coinvolgere le associazioni di settore, le istituzioni e, in primis, le aziende agricole su tutto il territorio –ha detto il presidente di Anabio, Federico Marchini-. Solo negli ultimi 5 anni, in Italia, le superfici e le imprese bio sono cresciute del 40% e il valore alla produzione ha toccato quota 3,9 miliardi di euro. Nel 2021, la superficie biologica nazionale è aumentata di un ulteriore 4,4%, arrivando a quasi 2,2 milioni di ettari e, come confermato da Ismea, il mantenimento di questo ritmo di crescita anche nei prossimi anni può permettere al Paese di toccare i 3 milioni di ettari entro il 2030, centrando il target del Green Deal europeo del 25% di superfici a bio”.  

Per questo motivo, “Anabio, con il supporto di Cia, vuole entrare sempre di più nei territori -ha continuato Marchini- per informare le imprese delle nuove opportunità e degli strumenti offerti dal biologico, favorire la partecipazione e la formazione degli associati, sostenere gli agricoltori nelle conoscenze e nei nuovi investimenti”. A partire proprio dalle cinque regioni che, da sole, “fanno” il 50% della SAU biologica nazionale: Sicilia (316.147 ettari), Puglia (286.808 ettari), Toscana (225.295), Calabria (197.165) ed Emilia-Romagna (183.578), per poi allargarsi in tutte le aree per uno sviluppo più omogeneo del comparto. 

D’altra parte, il primato italiano nel bio è indiscusso anche a livello comunitario, dove il Paese detiene il podio insieme a Francia e Spagna, su un totale di 15 milioni di ettari coltivati ad agricoltura biologica in Europa.

“L’Italia conta sull’agricoltura biologica, gli interventi e i fondi messi in campo ne sono la dimostrazione -ha spiegato il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini-. Le risorse stanziate, a livello Ue e nazionale, dovranno servire quindi a sostenere uno dei driver principali della transizione green, coniugando necessariamente la sostenibilità alla produttività e alla sicurezza alimentare. Soprattutto in una fase come questa, segnata da guerra, speculazioni su materie prime e commodity agricole, timori di crisi alimentari globali e inflazione”, con gli acquisti di cibo bio tagliati anche del 10%. Ecco perché “Cia vuole lavorare con Anabio, insieme a tutte le associazioni e gli operatori del settore -ha sottolineato Fini- per indirizzare bene e meglio gli aiuti e rendere l’agricoltura biologica davvero un volano di modernità. Questo vuol dire prima di tutto investire in ricerca e sviluppo di nuove pratiche e tecnologie, in particolare su genomica, digitale, mezzi tecnici e produzione di sementi”.

In quest’ottica, Cia già si è mossa, avviando un progetto di innovazione digitale in 100 aziende agricole con IBMA Italia, l’associazione degli operatori nell’industria della bioprotezione, per la formazione attiva e le prove in campo delle tecnologie di biocontrollo, che consistono nell’utilizzo di organismi naturali -insetti utili, microrganismi, feromoni- per contrastare i parassiti, i batteri e gli agenti patogeni nocivi delle piante. Allo stesso tempo, la Confederazione sta portando avanti con Anabio il “Progetto Sementi Biologiche”, con l’obiettivo di migliorare e accrescere la disponibilità e la qualità di sementi bio (oggi solo il 5%), puntando alla stipula di accordi interprofessionali con le ditte sementiere, anche per favorire l’incontro tra domanda e offerta.

“Il biologico è un settore strategico e deve continuare a esserlo -ha concluso il presidente di Cia-. Non solo per la transizione verde, ma per tutta l’agricoltura”.   

a cura della redazione © Riproduzione riservata

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