Paola Cortellesi e il controllo di qualità nel film ‘Figli’

Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea a tavola nel film 'FIgli'

Figli, il film diretto da Giuseppe Bonito, è stato scritto da Mattia Torre che ha tratto la sceneggiatura dal suo monologo I figli invecchiano interpretato da Valerio Mastrandrea, protagonista anche del film insieme a Paola Cortellesi. Uno spaccato di verità raccontato in maniera tragicomica dai due bravissimi attori che mettono alla luce quanto sia diventato difficile, ma soprattutto stancante, essere genitori. Sarà che in un paese non evoluto come il nostro i figli si fanno ad un’età avanzata, allora non ci si sente più vecchi all’improvviso, “si è più vecchi”. Così, basta aggiungere un membro alla famiglia che tutto l’equilibrio latente avuto fino a quel momento va a farsi friggere. Ed ecco che spuntano ataviche frustrazioni, paure, rabbia e sensi di colpa nei confronti dei pargoli perché si perde la lucidità, o meglio, perché si perde il sonno. Ecco che anche le desiderate cene al ristorante tra coniugi senza figli, rese di nuovo possibili grazie a una baby-sitter/miraggio che li sostituisce a casa con un uovo alla “cocca” (detto alla ciociara), diventa noiosa ed insapore.

Nella pellicola tante le scene di cibo, partendo dalla professione del protagonista che lavora in una classica bottega che vende prodotti tipici, dal pane al salmone. Dietro al banco, Nicola si sfoga con il collega e, mentre serve burrata ai clienti, scrive su un taccuino ciò che la moglie al telefono gli chiede di comprare in farmacia per il bambino. I colorati banchi di frutta al mercato diventano luogo di conquista, in cui il protagonista prova a focalizzare l’attenzione su una giovane donna sensuale che rappresenta la spensieratezza dei tempi andati. In realtà, la vecchia vita non gli calza più, non gli piace più ed è inconfessabile dirselo. Anche quando i due provano ad allontanarsi perché non riescono più a comunicare, le tavolate imbandite, le chiacchiere degli amici, le avance di maschi ancora avvenenti diventano per Sara di una noia mortale.  Immagini flash di bambini in assordanti ludoteche che poi mangiano bomboloni, merendine e pizzette sono il quadro della società, del luogo in cui le urla e il caos sovrastano tutto e diventa disamore. Ci sono improvvise scene in cui i due genitori si trasformano in supereroi, che per la disperazione si lanciano dalla finestra, ma ovviamente non muoiono.

La comunicazione tra i due viene a mancare sempre di più e Sara, una magistrale Paola Cortellesi, incarna ciò che tutte le neomamme quarantenni hanno vissuto almeno una volta nella vita. La frustrazione di non essere vista e gratificata da un marito che si crede un padre presente, ma che invece dà per scontato i sacrifici che lei fa per il figlio. Sara vuole tornare a lavorare, a svolgere la professione che diventerà la metafora di tutto il film. Effettua i controlli qualità nelle cucine dei ristoranti dove spesso trova roba scadente, sporcizia e addirittura un ghiro surgelato. Un ghiro dato ai clienti, spacciato magari per un altro tipo di carne, non è soltanto rischioso perché è cibo non tracciato o perché non c’è cura e pulizia, questo modo di lavorare pensato solo per il profitto personale, rappresenta il mancato senso di amore. “Non siamo nemici,” dice Sara, “Dobbiamo sviluppare il senso della comunità”. “Ciò che vedo qui non è solo pericoloso, è anche molto triste”.

Paola Cortellesi nel film ‘Figli’ mentre effettua il controllo di qualità in un ristorante

In questo squarcio di mondo narcisistico, in cui i figli talvolta li si fanno per puro egoismo, obbligandoli a farli vivere nelle nostre proiezioni più estreme, ci sono Sara e Nicola che invece provano a trovare un equilibrio, con fatica certamente, ma sono sempre alla ricerca dell’ascolto. Ecco che finalmente una piccola polpetta che lei assaggia in un altro ristorante diventa l’emblema delle piccole cose, quelle che sanno di buono, quelle importanti anche se più difficili da realizzare. Eppure si può.

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a cura di Valeria Saggese © Riproduzione riservata

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