Embargo russo dell’ortofrutta: Ferrara (O.P. Terra Orti) scrive alla Ministra Bellanova

Emilio Ferrara e la Ministra Terranova a Fruit Logistica di Berlino

Emilio Ferrara, Direttore della organizzazione di produttori Terra Orti, chiede l’impegno della Ministra dell’Agricoltura Bellanova per sbloccare l’embargo russo nel settore ortofrutta.

Era il 7 agosto 2014 quando la Russia, come contromossa alle sanzioni decise dall’Unione Europea dopo l’annessione della Crimea e lo scoppio della guerra di Donbas, imponeva il divieto di importazione di prodotti agricoli e generi alimentari provenienti da Unione Europea, Stati Uniti, Norvegia, Canada e Australia. Da un giorno all’altro si sono chiuse le porte di un mercato attrattivo per l’agroalimentare Made in Italy, con conseguenze pesantissime sull’intera economia nazionale. Tra i comparti più colpiti, come noto, anche l’ortofrutta, che ha visto sfumare alcune centinaia di milioni di euro di fatturato (nel 2013 ICE ha tracciato valori di oltre 130 milioni in via diretta, ai quali bisogna aggiungere quelli che arrivavano in Russia passando per altri paesi).  L’ortofrutta in questi cinque anni e mezzo ha subito danni economici per mancate esportazioni in Russia di almeno 1,2 miliardi di euro.

“Gentile Ministra Bellanova – scrive Emilio Ferrara – Direttore della O.P Terra Orti è tempo di ribadirle l’appello che le ho già rivolto a Berlino lo scorso febbraio a Fruit Logistica, la prima e ultima fiera internazionale del 2020: le chiediamo di fare in modo di ottenere l’impegno del Governo affinché si attivi una trattativa concreta per risolvere le annose questioni tra l’Unione Europea e la Russia che impattano sul settore agroalimentare e in particolare sull’ortofrutta. Il presidente russo Vladimir Putin ha appena esteso l’embargo per ulteriori dodici mesi. La Russia, pertanto, continuerà a rimanere chiusa all’export di ortofrutta europea fino al 31 dicembre 2021”.

IL SEGUITO DELLA MISSIVA DI EMILIO FERRARA
L’agroalimentare italiano è infatti l’unico settore colpito direttamente dall’embargo che ha portato al completo azzeramento delle esportazioni dei prodotti presenti nella lista nera, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele, ma anche frutta e verdura, come le mele ed i carciofi entrambi prodotti particolarmente apprezzati dai cittadini russi.

Tra l’altro mentre l’Europa e l’Italia in particolare, continua a subire enormi danni dalla perdita di un mercato così strategico come quello russo, altri competitors extra UE non colpiti dall’embargo hanno guadagnato ampi spazi nell’export che sarà difficile recuperare una volta che il provvedimento anti-europeo verrà annullato.

Le perdite economiche causate dall’embargo sono state enormi, non certo per le imprese russe, quanto per quelle europee e, quindi, principalmente per quelle italiane.

Si tratta di un costo insostenibile per l’Italia e l’Unione Europea ed è per questo che è importante riprendere il dialogo, il settore agroalimentare (italiano) non può continuare ad essere merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale.

È evidente a tutti che le sanzioni economiche riguardanti gli scambi con la Russia imposte nel 2014 e prorogate fino ad oggi, sono totalmente inefficaci allo scopo per cui furono adottate e in questi cinque anni e mezzo hanno danneggiato esclusivamente l’UE ed in particolare l’Italia. Si tratta di un costo sempre più insostenibile per l’Italia e per le nostre esportazioni in un momento già drammatico a causa dell’emergenza coronavirus e la fine dell’embargo Russo è una delle misure indispensabili per rilanciare il nostro comparto agroalimentare.

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