La vita nei mari e la pesca minacciati da cambiamento climatico ed eccessivo inquinamento

Il cambiamento climatico, oltre alle nostre abitudini cittadine, sta influenzando anche la pesca, compromettendo il futuro di milioni di persone che dipendono da questa preziosa risorsa. Le emissioni di combustibili fossili e l’uso indiscriminato di fertilizzanti pone importanti pressioni nei riguardi dell’ecosistema marino. Abbiamo recentemente appreso di cambiamenti fondamentali nella biogeochimica degli oceani, come l’aumento delle temperature della superficie e del fondale del mare, mutamenti nella produzione primaria, ossia la quantità totale di materia organica prodotta attraverso la fotosintesi, riduzione del pH, diminuzione dei livelli di ossigeno nel sottosuolo delle acque costiere. Questi sono tra i fattori che generano disturbi sull’ambiente marino, e sono tutti elementi di disturbo di origine umana”.

E’ quanto ha dichiarato Flavio Pezzoli, presidente dell’ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali della provincia di Roma intervenendo presso la Città dell’Altra Economia a Roma, all’incontro in occasione della chiusura del 35° Comitato FAO per la pesca, per esaminare e considerare le questioni e sfide della pesca settore ittico e dell’acquacoltura artigianali con focus particolare sull’area mediterranea.

“Le specie marine bentopelagiche – ha aggiunto Pezzoli – risentono dell’aumento della temperatura superficiale del mare indebolendo così la loro resilienza ai cambiamenti climatici. Questo impatto negativo può limitare la capacità della pesca e dell’ecosistema marino di rispondere all’attuale sensibilità all’inquinamento indotto dal clima. Nelle acque europee, inoltre, l’inquinamento è molto importante, in particolare nel mare Mediterraneo e nel Mar Nero, dove l’ecosistema ha subito diverse fasi di eutrofizzazione causate dall’aumento dell’apporto di nutrienti, dall’agricoltura intensiva e dall’uso di prodotti agrochimici e detergenti fosfatici. È inoltre degno di nota il fatto che il Mediterraneo è un mare a rischio per l’inquinamento da plastica e mercurio. I pesci assorbono i contaminanti direttamente dall’acqua e dai sedimenti e indirettamente attraverso il trasporto nella rete alimentare. Nonostante siano noti gli effetti benefici del consumo di pesce sulla salute umana, alti livelli di mercurio nelle specie più commerciali, rischiano di avere effetti anche gravi sulla salute delle future generazioni”.

“Tutte queste problematiche – ha concluso – forse già nel 2050 potrebbero condurre ad una riduzione degli stock ittici e a una variazione nella loro distribuzione. Per raggiungere gli obiettivi che sono stati fissati sarà essenziale che tutte le parti interessate, compresi i governi, i pescatori, i gestori delle risorse e i cittadini, collaborino per una governance della pesca che coinvolga tutti,  che monitori i parametri ambientali, e preveda la realizzazione di un piano di gestione del rischio capace di affrontare e combattere in modo proattivo i molteplici fattori di stress antropico”.

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