Mercato della carne bovina nell’incertezza, tra aumenti dei costi e riduzione della produzione

Il mercato della carne bovina globale vive un periodo di profonda incertezza dovuta ad un aumento dei costi di produzione e una riduzione della produzione da parte dei paesi tradizionali a favore dei paesi asiatici. La produzione di carne bovina nel mondo, stimata a 71,8 milioni di tonnellate, rimane infatti praticamente invariata rispetto all’anno precedente, a causa della flessione registrata in Brasile, Australia e Argentina, controbilanciata da un incremento produttivo nei paesi asiatici – dove la produzione aumenterà del 3% a 14 milioni di tonnellate – trainata da robuste espansioni produttive in India, Cina e Pakistan.

In Brasile, la produzione è destinata a diminuire del 6% a 9,1 milioni di tonnellate, al fine di ricostruire la mandria dopo la pesante attività di macellazione dell’anno scorso a causa della siccità cui si era aggiunto un calo della domanda interna. Allo stesso modo, l’Australia dovrebbe produrre meno carne bovina quest’anno rispetto alla scorsa annualità poiché la fase di ricostruzione della mandria è ancora in corso. Nonostante sforzi del governo per aumentare la produzione di carne bovina, incentivando i mangimi locali, la produzione è destinata a diminuire anche in Argentina a causa dell’impatto del divieto di esportazione introdotto.

In Europa la scarsa disponibilità di capi bovini maturi mantiene i prezzi a livelli elevati. I prezzi medi europei per i vitelloni A-R3, nel mese di maggio 2022, si attestano sopra i 507 €/100 kg ossia su livelli superiori rispetto allo scorso anno del 32,7%. I prezzi medi di giugno per le carni bovine di buona conformazione (A/C/Z/ R3) sono arrivate ad attestarsi sui 486,5 €/100 Kg, segnando un balzo su base annua del 28%.

In Spagna l’aumento del prezzo dei mangimi per il bestiame è sempre più preoccupante essendo molto elevata la dipendenza dall’importazione di cereali e semi oleosi per la produzione di mangimi e i sistemi di ingrasso per bovini si basano principalmente su razioni secche. Secondo Asoprovac (la principale associazione di produttori di carni bovine in Spagna) il costo per l’alimentazione è più della metà del costo di produzione di un vitellone. Gli allevatori avrebbero quindi ridotto le operazioni di ristallo già a partire dal mese di marzo. Inoltre, il settore è preoccupato anche per le difficoltà di poter trasferire gli aumenti dei prezzi al consumo. Il potere d’acquisto degli spagnoli, infatti, deve far fronte a una fortissima inflazione, guidata dagli straordinari aumenti dell’energia. L’inflazione, che aveva rallentato ad aprile (+8,3%) dopo il picco di marzo (+9,6%), è risalita a maggio (+8,7%). Le famiglie hanno cambiato il loro carrello rivolgendosi alle carni meno costose, in particolare il maiale. Tuttavia, la domanda del canale della ristorazione appare vivace grazie a una stagione turistica dagli esordi molto positivi, che consente di valorizzare i tagli più pregiati.

In Germania, dopo un’impennata nel primo trimestre, i prezzi dei vitelloni hanno subito a maggio un forte riaggiustamento al ribasso, perdendo 80 centesimi al kg in sole quattro settimane. Tuttavia, secondo gli analisti tedeschi, i prezzi dovrebbero stabilizzarsi durante l’estate grazie al ritrovato equilibrio tra domanda e offerta (entrambe in contrazione). La contrazione della domanda è iniziata con la forte crescita dell’inflazione in un paese fortemente dipendente dal gas russo. A maggio l’aumento dei prezzi al consumo ha raggiunto, secondo l’istituto nazionale di statistica Destatis, il+7,9% in un anno, il valore più alto dal 1974. L’aumento dei prezzi dei generi alimentari ha subito una forte accelerazione (+11,1% a maggio contro +8,6% ad aprile). Gli aumenti su base annua del prezzo al consumo per la carne bovina, secondo quanto riportano gli analisti tedeschi sarebbero a maggio del 9,7%.

In Italia, secondo i dati sulle macellazioni mensili registrati presso l’Anagrafe Nazionale Zootecnica, nei primi cinque mesi 2022 è in aumento del 4,1% il numero di capi macellati mentre è in calo il peso medio dei capi macellati. Parallelamente, cambia la composizione dell’offerta con uno sbilanciamento soprattutto verso i capi da riforma del ciclo latte. Nei primi mesi del 2022, si registra infatti un aumento del 14% della quota di vacche avviate al macello (la categoria arriva ora a pesare un quinto dell’offerta totale). In aumento anche le macellazioni per la categoria delle manze, con un incremento del 5,8% dei capi macellati; in questo caso si tratta comunque di un adattamento all’orientamento alla domanda al consumo che sta evidenziando una crescita di preferenza per la carne di “scottona”. Stabile il numero macellato di vitelloni maschi e dei vitelli con meno di 8 mesi, mentre in aumento quello di vitelli di età tra 8 e 12 mesi (+3,7% pur restando una piccola nicchia: solo il 2% dell’offerta). Il persistere di prezzi elevati dei fattori di produzione, in particolare per i mangimi, può portare a ulteriori macellazioni entro la fine dell’anno e a un’ulteriore riduzione del peso delle carcasse, soprattutto nel processo di finissaggio, dove i costi dei mangimi pesano di più sulla redditività dell’azienda agricola a causa del limitato incremento marginale della fase finale di allevamento.

In conclusione, le prospettive del settore appaiono quanto mai complesse da decifrare in un contesto fortemente caratterizzato sia da elementi auspicabilmente più congiunturali, come il dover far fronte a costi di produzione elevatissimi, così come da elementi di più lungo periodo, come l’individuazione delle esigenze driver delle scelte del consumatore, degli orientamenti della politica e individuare il modello di allevamento nazionale in grado di coniugare la risposta a queste esigenze con la redditività aziendale. Sul fronte dei costi di produzione, fortemente connessi al mercato dei cereali e della soia, la situazione dovrebbe diventare parzialmente più chiara nel giro di un paio di mesi allorquando sarà più chiaro il quadro della disponibilità sia a livello nazionale che internazionale e i mercati recepiranno tali indicazioni sulle quali, tuttavia, al momento permangono molti dubbi soprattutto per ciò che concerne il mais nazionale le cui produzioni potrebbero risentire pesantemente degli effetti della terribile siccità che, soprattutto nelle aree di produzione più tradizionali si sta facendo sentire in maniera eccezionale.

a cura della redazione © Riproduzione riservata

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