“Il sistema agroalimentare e la sicurezza alimentare della Penisola non possono permettersi il lusso di altri anni di attesa per una tutela penale seria ed efficace e adeguata a fronteggiare la massa multiforme e pervasiva di illeciti. Negli ultimi sessant’anni, e ancor più negli ultimi novanta, in materia di alimentazione sono mutate le forme di aggressione al nostro cibo costituite soprattutto da sofisticazioni, adulterazioni, contraffazioni, speculazioni, frodi su scala seriale, organizzata, spesso a livello transnazionale. Per questo Legambiente, Coldiretti, Libera, Gruppo Abele, Cibo Diritto, Federbio, Flai Cgil, Terra! e Tempi Moderni lanciano oggi un appello congiunto e sottoscritto per chiedere al Parlamento di discutere e approvare il prima possibile il disegno di legge di riforma dei reati agroalimentari (Ddl n. 2427), attualmente fermo alla Camera, dopo l’approvazione da parte della Commissione Giustizia, e in attesa che venga finalmente discusso dall’Aula. Il testo in questione è stato elaborato secondo le linee guida tracciate dal “progetto Caselli” risalente al 2015.Dopo una lunga serie di tentativi a vuoto e dopo tanto tempo perso, nel marzo 2020 quel progetto è stato posto a base di un apposito disegno di legge (n. 2427) presentato dagli allora ministri della Giustizia Alfonso Bonafede e dell’agricoltura, Teresa Bellanova.
“Difendere il proprio cibo – scrivono le associazioni nell’appello – è un elementare diritto-dovere di qualunque comunità che tenda alla propria autoconservazione. Questo principio vale anche per l’Italia del terzo millennio, nella quale, in realtà, più che il cibo in sé vanno difese la sua genuinità e la sua salubrità. Per questo chiediamo un’accelerazione nell’approvare questo Ddl di riforma dei reati agroalimentari per mettere il diritto penale a guardia di beni giuridici essenziali di una società, per tutelare gli imprenditori onesti dalla concorrenza sleale dei grassatori organizzati dell’agroalimentare, per affermare il diritto di ognuno di mangiare cibo genuino e salubre, per garantire la tutela della salute, fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Le associazioni firmatarie ricordano che in Italia il sistema di tutela penale dell’alimentazione è fondato essenzialmente sul Codice penale e su una legge speciale, la n. 283: il primo risale al 1930, la legge n. 283 è del 1962. Ora, però, occorre mettere in campo una riforma del sistema normativo che calibri la risposta sanzionatoria sulla natura e l’entità dell’offesa al bene alimentazione, dello specifico fenomeno criminoso da contrastare; che anticipi quanto più possibile la soglia della punibilità dei vari comportamenti illeciti fino alla fase del mero rischio, ma che contemporaneamente preveda misure premiali, di varia natura, per tutti coloro che dovessero aver infranto la legge in modo non abituale e non grave e che poi adottassero specifici comportamenti, prescritti dalle Pubbliche Autorità, mirati ad eliminare il pericolo o a ridurre il danno cagionati; che parta dal presupposto oggettivo che la gran parte dei reati più gravi e sistematici matura in contesti d’impresa e che, di conseguenza, preveda specifiche forme di responsabilità dell’azienda in quanto tale, non solo dei suoi esponenti; subordinando, però, la punibilità dell’ente alla sua mancata adozione ed efficace attuazione di un modello di organizzazione, gestione e controllo della sua attività produttiva.