L’impegno della Coldiretti in una intervista al suo vice presidente Gennarino Masiello

In foto: Gennarino Masiello, Vice presidente Coldiretti

-Quali sono gli impegni che Coldiretti sta portando avanti attualmente ? e quali aspettative ci sono riguardo a questi?

La nostra organizzazione, come è abituata a fare in quanto forza sociale del Paese, sta lavorando su tutti i fronti che incrociano il tema del cibo. Dalla strategia europea farm to fork alla programmazione dei nuovi fondi europei, fino ai rapporti di filiera agroindustriali, Coldiretti lavora sulla costruzione di un modello economico che si fonda su tre concetti fondamentali che accompagnano il cibo: sicurezza, distintività, biodiversità. Il primo si accompagna ai temi della tracciabilità e della qualità, che sono, a nostro parere, un diritto dei cittadini. Conoscere l’origine del cibo che si mette a tavola e raccontarne le proprietà organolettiche garantisce la salubrità da un lato e chiude la porta alle truffe dall’altro. Poi c’è il concetto della distintività, che significa valorizzare la capacità produttiva di un territorio, che è fatto di saperi millenari che usano le nuove tecnologie ma non sono replicabili altrove. Il cibo diventa così unico e non omologabile, conservando la sua ricchezza culturale oltre che qualitativa. Infine c’è il concetto della biodiversità, che significa stare dentro la strategia del green new deal, ovvero di uno sviluppo che parte dalla sostenibilità ambientale e dall’economia circolare. Preservare la biodiversità è l’unica strada per evitare la desertificazione ecologica e sociale dell’Italia, che non può puntare su un’agricoltura intensiva e su produzioni massive.

-L’UE mette a rischio le denominazioni italiane con la possibilità di riconoscere denominazioni straniere che possano ingannare. Come Coldiretti avete già arginato la questione etichette. State svolgendo qualche altra attività per impedire di togliere il lustro di alcuni prodotti italiani riconosciuti in tutto il mondo?

Le denominazioni di origine sono europee ed è giusto che ogni nazione abbia le sue. Quello che noi combattiamo è l’italian sounding, ovvero l’arrivo sul mercato di prodotti alimentari fatti in altre nazioni e spacciati per italiani, richiamando con nomi inventati l’assonanza con i nostri marchi di eccellenza. Coldiretti non predica l’autarchia, ci mancherebbe altro, l’Italia esporta in tutto il mondo. Il problema è impedire le truffe, che rubano ricchezza al sistema agroalimentare italiano. La risposta è nelle etichette trasparenti.

-Quali sono, invece, le preoccupazioni nazionali della Coldiretti e quali interventi intendente attuare rispetto a queste?

I governi italiani si sono dimostrati molto sensibili al tema, comprendendo il valore della trasparenza nella distribuzione di ricchezza in tutte la filiera agroalimentare. Tutelare il cibo made in Italy è un’emergenza nazionale, su cui c’è un’ampia consapevolezza. Ma non bisogna abbassare la guardia, la strada è ancora lunga.

-Parlando invece del vostro progetto più grande, Campagna Amica, il successo è ormai indiscusso. Quali nuove idee per far crescere ancora l’iniziativa?

Campagna Amica è un progetto di successo perché ha dato una risposta concreta ai piccoli produttori agricoli, che grazie alla multifunzionalità sancita dalla legge di orientamento del 2001. I nostri mercati, che oggi diventano anche coperti, sono il luogo del rapporto diretto tra produttore e consumatore, generando un rapporto di fiducia che spesso va oltre il cibo stesso. Campagna Amica è uno spazio di socialità, dove le persone si ritrovano per conoscere da vicino chi produce cibo identitario, realizzato a km zero. La crescita di Campagna Amica sarà sempre più legata ai mercati coperti, che consentono di offrire più servizi ed eventi a chi si trattiene a fare la spesa. Un modello che sta crescendo in tutto il mondo, spinto dalla voglia di autenticità dei consumatori.

-La legalità è, senza dubbio, il cardine della Coldiretti: rispetto dunque al caporalato, grave problema della produzione agricola italiana, in che modo intervenite e perché, secondo lei, lo Stato non è ancora riuscito a dare una soluzione adeguata e soddisfacente che riporti i lavoratori ad una condizione dignitosa di lavoro?

La legalità nei rapporti lavorativi per noi è un presupposto ineludibile. Il problema esiste e le norme per affrontarlo ci sono, anche sulla spinta di Coldiretti. Lo Stato ha già tutti gli strumenti per l’emersione del lavoro nero. Noi, attraverso i nostri uffici territoriali, facciamo un silenzioso e costante lavoro di assistenza per riportare le persone nella legalità. La dignità del lavoro deve essere parte integrante della trasparenza contrattuale nelle filiere produttive. Chi si impegna a produrre garantendo regolari contratti di lavoro deve poterlo raccontare al consumatore. Solo così si risolve il problema. Ma questo avviene anche facilitando l’accesso al lavoro in agricoltura con una burocrazia più agile.

-Il tema dell’ecosostenibilità è il trend di questo periodo per via degli incontri del G20 a Roma e del COP26 a Glasgow. Come crede che stia procedendo il lavoro sull’evoluzione dalle vecchie tecniche alle nuove più ecosostenibili? Qual è la risposta delle aziende?

La sostenibilità ambientale è ormai parte integrante di un nuovo modello produttivo, che porta con sé anche la sostenibilità economica e sociale. Non ci possiamo più permettere lo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali. La salvaguardia dell’ecosistema è l’unica strada che l’umanità può percorrere per evitare disastri. Il covid ci ha insegnato che il pianeta è la casa comune, dove siamo tutti interconnessi. È tempo di smettere di bruciare la casa.

-La Coldiretti è anche molto impegnata nelle politiche delle pari opportunità: ci vuole raccontare quali sono le attenzioni che riserva alle donne dell’agricoltura la Coldiretti e come le sviluppa nel concreto? Cosa crede crei il gap e come pensa si possa superare?

Coldiretti ha da sempre un impegno particolare per valorizzare il ruolo delle donne nelle imprese agricole. Oggi abbiamo oltre il 30% delle aziende che sono condotte da donne, con una forte crescita proprio nel Sud Italia. Abbiamo lanciato anche dei progetti di conciliazione del tempo, offrendo la possibilità di sostegno alle lavoratrici agricole. Le nostre dirigenti sono sempre più donne e questo non può che farci bene, non perché dobbiamo dimostrare qualcosa, ma perché è una ricchezza per tutti. Le nuove generazioni di agricoltori sono già avanti, con una presenza forte e competente di donne. Il cambiamento è già in atto.

-Altra tematica fondamentale per la Coldiretti sono i giovani agricoltori che, con Coldiretti Giovani Impresa, ha raccolto l’adesione di oltre 70mila persone.  Crede sia una risposta soddisfacente o si può ancora crescere? C’è, secondo il suo parere, un modo per avvicinare i giovani all’agricoltura e quali idee sviluppa la Coldiretti in merito a ciò?

Il trend di giovani che scelgono l’agricoltura è in crescita costante già da alcuni anni. È un fenomeno che si consolida anno per anno per una ragione molto semplice: fare l’imprenditore agricolo non è più un ripiego, ma una scelta di vita. I nostri giovani imprenditori non cercano lavoro, creano lavoro. E per Coldiretti il sostegno alle giovani generazioni è una ragione d’essere, un percorso quotidiano e costante.

-C’è qualche altro argomento che, come vice Presidente Coldiretti, ha particolarmente a cuore e vuole approfondire per chiudere la nostra intervista?

Sì, vorrei toccare un tema di stretta attualità, la creazione di cibo sintetico. È un progetto che prevede la realizzazione di cellule in laboratorio, promettendo salubrità e rispetto dell’ambiente. In realtà è la nuova frontiera dell’omologazione di massa e dello sfruttamento delle risorse. Un prodotto alimentare ottenuto in laboratorio è l’antitesi della conservazione della biodiversità, quindi del patrimonio naturale. Per realizzare le cellule sintetiche si useranno comunque fibre animali, estratte e coltivate con processi biochimici. È una grave minaccia per la salute e per l’ambiente. Coldiretti farà di tutto per smascherare questo Frankenstein alimentare.

a cura di Fabiola Marono © Riproduzione riservata

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