Il lavoro di tutela e valorizzazione delle produzioni italiane svolto dalla Fondazione Qualivita raccontato in un’intervista al Presidente Cesare Mazzetti

Fondazione Qualivita è un progetto che dal 2002 porta avanti l’obiettivo di valorizzare e difendere le produzioni DOP e IGP italiane. Nel corso degli anni è diventata punto di riferimento per i produttori italiani e soprattutto per i Consorzi di Tutela. Col tempo ha aperto il proprio interesse nei confronti della tutela della denominazione anche a livello europeo, creando reti di collaborazione con organizzazioni e associazioni del settore all’estero. Cesare Mazzetti, Presidente della Fondazione Qualivita, in un’intervista esclusiva, parla ai nostri lettori del lavoro attivo che svolge la fondazione e dell’impegno nelle controversie e problematiche che si presentano nel mondo della produzione agroalimentare.

1. Quanto è importante, per una filiera, il riconoscimento DOP, IGP o STG?

Non si tratta solo di uno stemma da appuntare sulla giacca: è un processo che parte dalla presa di coscienza di una tradizione, del legame con un territorio che si vuole valorizzare, e procede con la valorizzazione mediante la certificazione di ogni fase produttiva, per avere la certezza di offrire un prodotto di qualità. Tutti gli operatori della filiera debbono essere consapevoli del valore della registrazione della propria Indicazione Geografica – sia essa una DOP o una IGP – e solo in caso di questa collaborazione tra ogni anello si ottengono prodotti che hanno delle chances di vero successo. Poi purtroppo esistono anche denominazioni ‘vuote’, che sono appunto stemmini sulla giacca per qualche amministratore locale…

2. Nel suo ruolo di Presidente, quali azioni mette in campo per contribuire alla valorizzazione e tutela dei prodotti a marchio comunitario?

Qualivita da 20 anni si occupa della valorizzazione delle IG italiane in primis , ma anche europee. Il sistema europeo si distingue da tutti gli altri, poiché è riuscito a concepire una struttura, quella delle IG, divisa in quattro grandi categorie, che parte dalla protezione dei diritti di proprietà intellettuale – le denominazioni – ma che poi si estende alla considerazione dei metodi di produzione (attraverso i disciplinari) e dei sistemi di controllo (i Piani di Controllo e gli Organismi di Certificazione) , che formano un unicum teso a garantire la qualità. E’ un sistema complesso, che deve essere conosciuto, per questo facciamo formazione a tutti i livelli, ma anche diffuso a livello di comunicazione, attagliata alla audience: e così Qualivita fa editoria diretta ai Consorzi (con la rivista Consortium) ma anche ai consumatori informati (con l’Atlante delle DOP e IGP, da due anni edito da Treccani) e agli stakeholders di sistema (con il Rapporto Qualivita-Ismea)

3. Rispetto al problema della peste suina ed il calo di export dei salumi italiani, in che modo Qualivita sta cercando di contrastare il problema?

Si tratta di una contingenza importante e sfortunata. Qualivita non è stata investita del problema da parte delle associazioni e dei consorzi interessati, che se ne stanno occupando in prima persona. Noi ci limitiamo a segnalare che i prodotti certificati sono certamente più sicuri di quelli generici, quindi i consumatori dovrebbero consumarli con tranquillità. Poi le decisioni di alcuni Paesi di porre barriere all’import sono di tipo politico e spetta ai rispettivi Governi una interlocuzione in tal senso.

4. Può parlarci del Nutriscore e dell’eventuale danno all’industria vitivinicola italiana?

Il Nutriscore è la dimostrazione di come una idea nata in una piccola comunità scientifica, idea oggi rivelatasi chiaramente controversa e decisamente contraddittoria, sia balzata all’attenzione del mondo solo perché confacente agli enormi interessi economici di alcune grandi imprese alimentari. Si tratta non di un sistema di informazione al consumatore, che sarebbe ben accetto (perché i consumatori hanno sempre più fame di informazioni su ciò che acquistano), ma di un vero e proprio sistema di condizionamento degli acquisti, che tra l’altro fa l’occhiolino al consumo di prodotti superprocessati o contenenti additivi e conservanti. Oltretutto si tratta di un sistema ingannevole, poiché si riferisce sempre al consumo di 100grammi di quel prodotto: ora mi dica, chi è che consuma 100grammi di olio? E per questo l’olio di oliva viene penalizzato con una D, rispetto alle patatine prefritte di McCain, che hanno A. Per non parlare dei vini e delle bevande alcooliche, che Hercberg, il professore francese che ha ideato il sistema, si è prontamente dato da fare per indicare con una bella F nera, facendo l’occhiolino alla posizione della CE sul beat cancer plan. Una posizione per nulla scientifica e del tutto politica, che per fortuna ha fatto aprire gli occhi anche ai francesi stessi – per i quali il vino è sacro -circa la dannosità del sistema. E oggi possiamo dire che fortunatamente sul vino sembra che il Parlamento stia riportando le cose ad una posizione di maggior equilibrio, condannandone il consumo smodato e sostenendo quello moderato.

5. Che ruolo svolge Qualivita in merito alle mediazioni tra le istituzioni e le aziende di produzione?

Qualivita appoggia Origin, l’associazioni che rappresenta oltre 600 consorzi di imprese produttrici di IG a livello mondiale, e le sue rappresentanze territoriali, come Origin EU e Origin Italia. Sono queste le associazioni che mantengono stretti rapporti con la DG Agri a Bruxelles e con il Ministero dell’Agricoltura italiano sui temi maggiormente ‘tecnici’. Qualivita invece organizza interlocuzioni istituzionali per sostenere l’importanza economica, sociale e oggi anche ambientale del sistema sotteso alle Indicazioni Geografiche. Inoltre Qualivita organizza incontri informativi tra produttori per sostenere l’esigenza che le imprese si associno per fare sistema e presentarsi sul mercato con maggiori chances di successo.

6. L’Italia è il paese europeo con maggiori riconoscimenti: cosa rende i nostri prodotti così eccellenti?

Intanto, è la storia stessa del nostro Paese, così travagliata e oggetto di continui frazionamenti e aggregazioni, passata sotto dominazioni e culture diverse, ad aver creato un insieme unico di ricette, di tradizioni produttive, di approcci al cibo. Oggi abbiamo uno straordinario patrimonio di monumenti, di tesori artistici e di cibi che ci rendono unici al mondo, e meta di pellegrinaggi turistici. La commercializzazione delle nostre specialità agroalimentari e vitivinicole si è sviluppata anche grazie alla domanda di chi, visitando il nostro Paese, vuole portarsi a casa un pezzo della nostra cultura e stile di vita. A merito del nostro Paese va poi ascritta la capacità di aver capito l’importanza del patrimonio enogastronomico, e di averlo messo a sistema con una normativa ad hoc, che per molti aspetti è eccellente, e unica al mondo.

7. In merito alla sostenibilità, quali sono i compromessi tra metodi tradizionali e le nuove esigenze ambientali nelle varie filiere?

Non va dimenticato che i tre pillars sui quali si regge la sostenibilità sono quello economico, sociale e ambientale. Oggi le filiere a IG (Dop e Igp) riescono già a garantire i primi due criteri, poiché lo sviluppo commerciale dei prodotti locali di qualità riesce a dare un reddito alle popolazioni di territori che altrimenti sarebbero stati destinati all’abbandono (penso alle aree di montagna, per esempio) , e allo stesso tempo a mantenere viva la società e la cultura di quei luoghi. Il rispetto ambientale dovrebbe procedere automaticamente dalle considerazioni precedenti, in quanto una popolazione che cerca di stare in un luogo e di renderlo commercialmente attrattivo cercherà di mantenerlo pulito ed accogliente. I problemi sorgono nei casi di grande sfruttamento territoriale a seguito di sviluppi inaspettati della produzione, che possono creare problemi ad alcune zone. Penso al grande sviluppo della viticoltura in certe zone del Veneto, con la insorgente necessità di limitare l’utilizzo di trattamenti fitochimici , o la grande presenza di allevamenti animali dove si producono certi formaggi, con la necessità di smaltire i liquami. In tutti i casi, la presenza di una DOP o IGP in zona è di grande aiuto, poiché i Consorzi si danno da fare per inserire a disciplinare la regolamentazione di certe pratiche, in modo che tutti siano obbligati a seguirle, piuttosto che lasciare la risoluzione del problema all’iniziativa privata delle singole aziende. La qual cosa, come sappiamo, porta con sé il rischio della insorgenza di iniziative discutibili, se non addirittura illecite, quando gli operatori che non producono una IG non sono soggetti ai relativi controlli e cercano di fare da sé..

8. Ci sono progetti futuri di cui vuole parlarci?

Qualivita, conscia della crescente importanza dei sistemi delle Indicazioni Geografiche non solo in Italia, ma in Europa e in molte parti del mondo, è preoccupata dalla crescita di tendenze contrarie a tali sistemi, spesso alimentate da grandi interessi industriali, che cercano di minarli in molti modi. Proprio per contrastare questi tentativi – i cui più recenti esempi sono senza dubbio il Nutriscore e la c.d. ‘Dieta Universale’, ma se ne possono contare molti altri – il Consiglio di Amministrazione di Fondazione Qualivita nello scorso anno ha varato un ambizioso progetto: si è deciso di rafforzare il nostro Comitato Scientifico, sotto la guida di Paolo DeCastro, unendo le forze di 21 grandi personalità in campo scientifico, economico, umanistico e intellettuale che si interesseranno ai vari aspetti collegati al sistema delle IG con l’ambizione di poter divenire un riferimento scientifico di grande peso, sostenendo lo sviluppo delle IG e dimostrando l’infondatezza delle tesi che cercano di danneggiarlo.

a cura di Fabiola Marono © Riproduzione riservata

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