La chiave del rapporto fra uomo e cibo in una intervista a Manlio Castagna sul corto “Quel che resta”

È stato presentato per la prima volta al Giffoni Experience, “Quel che Resta”, un corto, gioiello, voluto da CONAI, il Consorzio Nazionale Imballaggi, per raccontare come la sostenibilità parta anche (o forse soprattutto) dalle nostre azioni quotidiane.

Prodotto da Giffoni Innovation Hub con la regia di Domenico Onorato e la sceneggiatura di Manlio Castagna che ce ne parla in una esclusiva intervista.

-In questo film com’è inteso il rapporto tra uomo e cibo?

In questo film il rapporto tra uomo e cibo diventa una chiave per leggere l’essere umano.

In qualche modo, il cibo è un’espressione; è una risorsa fondamentale dell’uomo e quindi in “Quel che resta”, raccontiamo la “risorsa cibo” come una possibilità, come un valore, come un tratto fondamentale dell’essere sociale.

Questo è fondamentalmente il concetto che è alla base del cibo nel nostro corto.

-Attraverso il cibo si genera ricchezza e convivialità e si annullano le differenze?

Il cibo più che generare ricchezza è, spesso, generato, a sua volta, dalla ricchezza, cioè il cibo è una risorsa e, in quanto tale, va conquistata o va acquistata e quanta più disponibilità si ha, più cibo si riesce ad avere.

Quello che genera ricchezza da un punto di vista, sociale, sicuramente è la convivialità legata al cibo, cioè attraverso la condivisione del cibo e, quindi, il “convivio”, si stabiliscono delle relazioni tra gli esseri umani e talvolta si possono anche annullare le differenze. Questo corto racconta, in particolar modo nel finale, come una situazione in cui la bontà, la bellezza del cibo, da elemento di distinzione, diventa, invece, un tratto di avvicinamento.

Questo corto evidenzia una forte criticità della società contemporanea, quella dello spreco alimentare: cosa può dirci a riguardo?

Sì, sicuramente nel corto “Quel che Resta” il tema fondamentale è proprio legato allo spreco in generale: questo film “è simbolico”, è una metafora di un altro concetto fondamentale che è legato allo spreco, cioè, come possiamo fare del residuo, del rifiuto, un valore. È un corto, della società “CONAI”, che ha ben presente questo obiettivo, cioè dare nuova vita agli imballaggi, nello specifico, e a ciò che in generale si butta via.

Lo spreco è davvero una delle tante piaghe, di cui è afflitto il nostro mondo in questo momento. Sprecare significa non dare valore a ciò che abbiamo, buttare quello che noi reputiamo superfluo, ma che per altre persone potrebbe essere, invece, necessario.

Lo spreco delle risorse in generale, ad esempio, quello idrico, è emblematico, a sostegno del fatto che la strada intrapresa dalla nostra società ci indirizza verso la catastrofe.

-Tramite la visione di questo film i ragazzi potranno diventare più consapevoli di problematiche che non sono così lontane da loro ma che riguardano la loro vita quotidiana, puntando, quindi, ad una “cultura del non spreco”, proprio attraverso i giovani, che sono l’embrione del cambiamento, nella creazione di un futuro sostenibile?

Sì, il senso di questo cortometraggio è proprio di sensibilizzare attraverso un racconto metaforico, l’importanza del non sprecare, del riutilizzo, del riuso, cioè del dare valore a ciò che può essere un residuo.

“Quel che Resta” è molte volte una nuova vita e, se questo corto riuscirà a veicolare questa cultura del “non spreco” e, se riuscirà a sensibilizzare anche un solo ragazzo, avremmo raggiunto il nostro scopo.

Io credo che ora come non mai, chi scrive, chi dirige, chi fa arte, chi crea, chi costruisce delle opere, può e deve trasmettere storie con un forte impatto sociale, ben attento ai concetti che si esprimono.

a cura di Lucia Odierna © Riproduzione riservata

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