Pizza: perdite da 2,5 miliardi di euro

Nata a Napoli, la pizza è diventata l’unico fenomeno gastronomico planetario e ieri si è celebrata la giornata mondiale. Gli americani sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa mentre gli italiani guidano la classifica in Europa con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3), francesi e tedeschi (4,2), britannici (4), belgi (3,8), portoghesi (3,6) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono questa classifica. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti diffusa in occasione della giornata dedicata al simbolo della cucina italiana più conosciuta nel mondo, che si celebra in piena ripresa dei contagi. Ma con il covid le pizzerie italiane hanno subito nel 2021 un crack da 2,5 miliardi di euro rispetto a prima della pandemia, a causa di chiusure e restrizioni che hanno prodotto una diminuzione del turismo in generale.

I consumi sono stravolti da circa 10 milioni di italiani a casa perché positivi al covid, o hanno avuto contatti a rischio e sono in quarantena o in smart working con il crollo delle vendite nei locali che ha un impatto pesante sui bilanci delle 63 mila attività presenti sul territorio nazionale, dove sono impiegati circa 200 mila addetti. Prima del covid in Italia si sfornavano 2 miliardi di pizze all’anno. In Campania dove la pizza è tradizione, ad esempio, erano attive oltre 17 mila attività, tra ristoranti con pizza, pizzerie e pizzerie solo da asporto, con 1 esercizio ogni 335 abitanti pari a 13,6% del totale (dati 2019). Nel dicembre del 2017 l’Arte dei Pizzaiuoli Napoletani è stata iscritta nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco, riconoscendo il forte legame culturale della tradizione con Napoli e con l’Italia.

Le difficoltà della ristorazione non hanno spento però l’amore degli italiani per la pizza tanto che oltre un cittadino su 3 (34%) ha aumentato i consumi di pizza, secondo Coldiretti. Il 23% dei cittadini ne ha mangiata di più ricorrendo all’asporto o alla consegna a domicilio, mentre un altro 8% ha fatto ricorso al fai da te, anche con il coinvolgimento dell’intera famiglia, a partire dai bambini. E c’è pure un 3% che ha aumentato la frequentazione delle pizzerie quando le restrizioni e le chiusure glielo hanno permesso. Per un 40% di italiani i consumi sono rimasti gli stessi mentre per un altro 26% sono diminuiti, principalmente per la difficoltà o la paura di recarsi nei locali.

Si registra infatti il boom delle consegne a domicilio, che tuttavia non è sufficiente a coprire le perdite e sostenere i bilanci del settore con le difficoltà che si trasferiscono lungo tutta la filiera, considerato che a pieno regime nelle pizzerie ogni anno si stima vengano impiegati 400 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Senza dimenticare il taglio dei consumi di vino e soprattutto di birra che trovano nelle pizzerie un canale privilegiato di vendita. La chiusura forzata dei locali ha dunque un impatto devastante non solo sulle imprese e sull’occupazione ma anche sull’intero sistema agroalimentare che ha visto chiudere un importante sbocco di mercato per la fornitura dei prodotti.

a cura della redazione © Riproduzione riservata

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