L’Unione Italia Ortofrutta è stata chiamata a far parte del Tavolo Nazionale di Partenariato per la redazione del Piano Strategico nazionale (PSN), lo strumento che porterà alla definizione della futura Politica Agricola Comune (PAC) 2023-2027. Abbiamo intervistato sull’argomento il direttore dell’Unione Vincenzo Falconi.
Prima di chiederle cosa si aspetta da questa importante iniziativa del Mipaaf, vogliamo evidenziare quale è la portata, anche in termini numerici, del settore ortofrutta, in modo da capire meglio l’importanza della presenza del comparto su questo tavolo di concertazione?
Il settore ortofrutticolo italiano rappresenta il 23% del valore della produzione agricola nazionale con un valore di circa 11,5 miliardi di Euro di fatturato su 52 miliardi della produzione agricola, interessa circa 1,1 milioni di ettari (350.000 ad ortaggi e 550.000 fruttiferi), vi operano circa 462.500 aziende (234.000 aziende fruttifere e 112.000 aziende ortive) e produce quasi 24.000.000 ton di ortofrutta. L’ortofrutta è uno dei principali comparti della nostra agricoltura non solo per le dimensioni economiche, ma anche per la vitalità imprenditoriale e la capacità di competere con altri paesi produttori nel commercio nazionale ed internazionale.
Come si è posto finora il settore ortofrutticolo rispetto agli indirizzi della politica europea ?
Il settore ortofrutticolo italiano è uno dei settori agricoli più virtuosi nell’applicazione degli indirizzi europei: è il primo settore in termini di aggregazione della produzione e di utilizzo delle risorse dell’OCM.
Il virtuoso sistema di sostegno dell’OCM legato al valore della produzione commercializzata ha consentito alle OP di dare risposte concrete in termini di qualità delle produzioni, sicurezza alimentare, sostenibilità ambientale.
Ci riteniamo quindi in parte antesignani dei nuovi obiettivi strategici che oggi sono declinati con il Green Deal.
L’attuale Strategia ortofrutticola nazionale già prevede alcuni degli obiettivi della transizione verde e molta strada è stata fatta. Abbiamo le produzioni ortofrutticole con il più basso livello di residui, sistemi di qualità, e tutte le operazioni svolte sia in campo che nei magazzini di lavorazione e di confezionamento hanno un alto livello di rispetto ambientale.
La produzione integrata rappresenta ormai un concetto acquisito mentre il biologico, da dati Ismea interessa il 17% della superficie ortofrutticole coinvolgendo pressoché tutte le OP ed alcune in modo esclusivo.
Quante risorse destinano le organizzazioni di produttori al miglioramento dell’ambiente?
Le OP destinano il 10% dei programmi operativi alle misure ambientali ed anche le attivita’ di ricerca, sperimentazione ed il trasferimento delle innovazioni fanno parte del nostro schema di sostegno.
Molte attività con finalità ambientali sono perseguite anche al di fuori della prescrizione dei programmi operativi perché ci vengono chieste dal mercato in un’ottica di sviluppo e di competitività commerciale.
Contemperare le esigenze dei consumatori con quelle dei produttori. Come pensa che si possa raggiungere questo obiettivo?
In questi anni il settore ha di dimostrato di ben interpretare le richieste del mercato e dei consumatori e di avere una elevata capacità di trasferire tali linee di indirizzo nei territori e nelle aziende.
Tuttavia queste attività non sempre si sono trasformate in valore ed in reddito per i produttori anzi, in molti casi sono diventate un prerequisito, quindi un aumento di costi, a parità di prezzo di vendita.
Per i motivi detti guardiamo con occhi disincantati il Green Deal. Siamo convinti che sia una scelta giusta ed obbligata in cui crediamo e siamo pronti ad impegnarci ancora di più ma anche consapevoli che da sola non basta. Per potenziare la competitività del sistema ortofrutticolo dobbiamo far crescere le OP mettendole ancora di più al centro della strategia di sviluppo del settore al fine di migliorare la commercializzazione, la concentrazione di offerta, l’adattamento alle mutevoli richieste del mercato, il miglioramento del potere contrattuale del produttore.
Che cos’è la sostenibilità per il settore ortofrutticolo?
Per il settore ortofrutticolo la sostenibilità va declinata soprattutto in un’ottica economica e di competitività commerciale al fine di incrementare il reddito della produzione. Fino ad oggi non è stato cosi.
Il settore è compresso tra gli alti costi di produzione ed un mercato che non riconosce il maggior valore di un prodotto con questi alti standard di qualità produttiva, ambientale ma anche sociale ha una scarsa marginalità (solo una minima parte della spesa del consumatore rimane in tasca al produttore 7,7 euro su 100 euro), ed è pressato dalle dinamiche mercantili di una globalizzazione senza regole ed una grande distribuzione poco incline a svolgere politiche di filiera.
Ma quindi come ci si dovrebbe approcciare con il Greening ?
Il Greening va valutato con attenzione. Il rispetto dell’ambiente non deve tradursi in uno svantaggio competitivo ma bensì un volano di crescita e di sviluppo attraverso la creazione di un chiaro quadro di regole di cui si possa controllare il reciproco rispetto anche in considerazione delle ripercussioni economiche che si genereranno a seguito della pandemia.
Un approccio di filiera che coinvolga la produzione ed il mondo del commercio e della distribuzione è essenziale per ridare valore al prodotto agricolo e distribuirlo con criteri più equi. Oggi la distanza tra il prezzo pagato al produttore ed il prezzo allo scaffale è imbarazzante!
Quale è la situazione attuale degli operatori del comparto?
Oggi abbiamo gli agricoltori senza difese adeguate contro attacchi di insetti e malattie sia conosciute che di nuova introduzione, ma anche nei confronti dei cambiamenti del clima ed non abbiamo strumenti per contrastare la volatilità dei redditi.
Il principio di reciprocità più volte invocato nei confronti dei nostri competitor non è stato applicato e siamo stati penalizzati dalla concorrenza di prodotti e paesi che non hanno il nostro stesso rispetto produttivo ambientale e sociale.
Cosa si aspetta da questo tavolo di concertazione e in generale dal nuovo Piano Strategico Nazionale ?
Sicuramente con il Piano Strategico Nazionale gli obiettivi che ho accennato saranno ancora di più messi a sistema e apprezziamo l’idea di creare un approccio più coerente tra il primo ed il secondo pilastro della PAC. Tuttavia debbono essere garantite quelle flessibilità di gestione che hanno sempre garantito l’OCM ortofrutta che rapportandosi direttamente con il mercato non può essere legata a tecnicismi troppo stringenti.
Abbiamo la necessità di avere scelte chiare di indirizzo politico che devono andare di pari passo con le questioni tecniche legate alla transizione ecologica.
Continuare a promuovere la crescita delle OP privilegiando le forme organizzate che commercializzano il prodotto dei soci e stimolando le sinergie tra le OP e gli altri pezzi della filiera.
Dunque bisognerebbe valutare le risorse necessarie per perseguite i nuovi obiettivi?
Le risorse a disposizione con i programmi operativi non sono più sufficienti. È necessario prevedere delle risorse aggiuntive finalizzate a tali obiettivi utilizzando anche l’impalcatura dei PSR, superare definitivamente il concetto di demarcazione, prevedere bandi dedicati alle Organizzazioni dei produttori e premialità di punteggio per i produttori associati alle OP al fine di stimolare ed incentivare l’aggregazione della produzione.
Dobbiamo continuare a qualificare la spesa dell’OCM e possibilmente adeguarla in termini di risorse ai nuovi obiettivi e priorità che ci vengono chiesti modulando anche l’intensità del sostegno per stimolare la crescita dimensionale delle OP il numero di produttori associati, stimolando approcci collettivi volti all’integrazione commerciale tra OP. È opportuno realizzare degli strumenti che ci consentano di rafforzare patrimonialmente le OP attraverso un meccanismo di capitalizzazione.
Le interviste di Italian Food News
A cura di Donato Ciociola @ Riproduzione riservata