Agnello sulla tavola di Pasqua: tradizione e aiuto ai pastori colpiti dal Covid

Con l’avvicinarsi della ricorrenza pasquale aumentano gli acquisti della carne di agnello. Gli italiani durante tutto l’anno ne consumano circa 1,5 chili, la maggior parte dei quali in questo periodo. Ed infatti, secondo una indagine Coldiretti/Ixe’, quattro italiani su 10 (41%) porteranno agnello a tavola a Pasqua per rispettare le tradizioni ma anche per sostenere la sopravvivenza di 60mila pastori duramente colpiti dalla crisi provocata dall’emergenza Covid.

La chiusura forzata di ristoranti e agriturismi a causa della pandemia – sottolinea Coldiretti – ha privato i pastori di uno sbocco di mercato importante con effetti devastanti sull’economia del settore e sull’occupazione, mettendo a rischio una presenza antica della tradizione gastronomica italiana come dimostrano i piatti della transumanza tramandati da secoli: dall’abruzzese agnello cacio e ova al molisano agnello sotto il coppo fino all’abbacchio alla scottadito del Lazio.

Tra le ricette più gettonate a base di carne di agnello in cucina per l’occasione ci sono – continua la Coldiretti – dagli arrosticini alle costolette panate, dalla più tradizionale teglia al forno con patate alla cacciatora, dall’agnello brodettato alle polpettine pasquali con macinato di agnello del Trentino fino al Cutturiddu pugliese, l’agnello cotto nel brodo con le erbe tipiche delle Murge, ma anche gli gnocchi al sugo di castrato e le tagliatelle al ragù di agnello.

Con la Pasqua blindata e i ristoranti chiusi sono molti gli italiani che si metteranno ai fornelli proprio per sperimentare le ricette della tradizione, anche grazie ai tutorial realizzati dai cuochi contadini di Campagna Amica per insegnare a cucinare le pietanze della tradizione.

Per evitare rischi e portare in tavola qualità al giusto prezzo l’appello della Coldiretti è quello di preferire carne di agnello a denominazione di origine, quella garantita da marchi di provenienza territoriale come l’Igp, o di rivolgersi direttamente ai pastori, quando è possibile.

In una situazione in cui oltre un agnello su due (55%) presente nei banchi frigo per Pasqua è di origine straniera il pericolo è, infatti, di mettere nel piatto carne spacciata per italiana che non rispetta gli stessi standard qualitativi di quella nazionale, secondo un’indagine dei Consorzi di Tutela delle tre Igp Agnello di Sardegna, Abbacchio Romano e Agnello del Centro Italia e di Coldiretti Sardegna.

Gli agnelli arrivano dalla Romania, Ungheria, Spagna, Grecia e Slovacchia dopo lunghi viaggi, spesso ammassati e senza acqua e senza il minimo rispetto del benessere animale. Ma la frode viaggia anche sul web con siti di e-commerce che, denunciano i tre consorzi, vendono carne di agnello dove sull’indicazione dell’origine figurano contemporaneamente 10 Paesi diversi di nascita, allevamento e macellazione.

“Senza un deciso impegno dell’intera filiera agroalimentare nazionale per la prossima Pasqua la pastorizia italiana rischia di scomparire con l’abbandono di migliaia di famiglie che hanno fatto dell’allevamento il centro della loro vita” sottolinea il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che ha scritto alle principali catene della Gdo, la Grande distribuzione organizzata in vista delle festività pasquali per sostenere il consumo di carne italiana garantendo una adeguata remunerazione dei prodotti agricoli e privilegiando nella distribuzione il Made in Italy a tutela dell’economia, dell’occupazione e del territorio come sostenuto dalla campagna di Coldiretti #mangiaitaliano.

“Gli animali custoditi negli allevamenti italiani rappresentano un tesoro unico al mondo che va tutelato e protetto – si legge nella missiva di Prandini – anche perché a rischio non c’è solo la biodiversità delle preziose razze italiane, ma anche il presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali. Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni.

La pastorizia – continua la Coldiretti – è un mestiere ricco di tradizione molto duro che garantisce la salvaguardia di ben 38 razze a vantaggio della biodiversità e che si prende cura di 6,2 milioni di pecore da nord a sud della Penisola anche attraverso tradizioni millenarie come la transumanza proclamata patrimonio culturale immateriale dell’umanità l’11 dicembre 2019. Negli ultimi anni si è sviluppato anche il recupero della lana di pecora come isolante termo acustico in edilizia dove garantisce prestazioni eccellenti sia nella protezione dal caldo e dal freddo, regolando il livello di umidità, sia contro i rumori, con un materiale naturale, sano e riciclabile.

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